Le PMI italiane e i rischi dell’internazionalizzazione

I sistemi di risk management sono una leva di cruciale importanza per accompagnare lo sviluppo internazionale delle aziende italiane, rendendole più affidabili agli occhi del sistema creditizio e di quello assicurativo. La gestione dei rischi interni ed esterni è uno degli aspetti su cui il sistema economico italiano deve maggiormente lavorare, e la pandemia sembra aver accelerato una presa di coscienza in tal senso.

L’American Chamber of Commerce in Italy ha elaborato un white paper sul Risk Management nelle PMI, realizzato da un gruppo di lavoro composto da associazioni, aziende e compagnie del settore assicurativo. L’obiettivo era indagare come le PMI possono sfruttare il Risk Management per aumentare la propria competitività e migliorare le competenze aziendali, così da affrontare i mercati globali con maggiore sicurezza e possibilità di successo.

Secondo un’indagine condotta da Anra, Associazione Nazionale dei Risk Manager, come contributo al paper, la gestione dei rischi nelle piccole e medie imprese si sta diffondendo e sta diventando più matura: il 42% delle aziende analizzate utilizza sistemi di RM da oltre 5 anni, e solo il 21% non ha implementato alcuna misura per gestire i rischi. Per il 58% delle PMI italiane, inoltre, il Risk Management è un elemento centrale nelle strategie aziendali. Tuttavia, solo il 20% ha coperture assicurative specifiche sui rischi legati all’internazionalizzazione.

La crescente globalizzazione dei mercati ha reso necessario per ogni tipo di azienda il confrontarsi con fenomeni quali la delocalizzazione produttiva, la crescita delle esportazioni e la ricerca di nuovi mercati di sbocco, con l’obiettivo di aumentare i margini di profitto e la competitività. Per molte PMI italiane la scelta di internazionalizzare il proprio business è stata inizialmente motivata dal calo del mercato interno. Tuttavia, come sottolineato nel paper Amcham, considerare le esportazioni come un’attività episodica – senza avere una solida strategia e adeguate risorse – e affrontare i mercati esteri senza una ponderata analisi è un errore che può inficiare il successo della scelta.

Intraprendere un’attività di internazionalizzazione permette, infatti, di cogliere importanti opportunità di sviluppo, che in parte si concretizzano nel breve e medio periodo con aumenti dei volumi di vendita, ma che spesso sono meno immediate ed evidenti. Servono anni, ad esempio, perché un’azienda costruisca un posizionamento sul mercato duraturo nel tempo.

All’interno di una strategia di internazionalizzazione sono diversi i rischi a cui una PMI può andare incontro: dal rischio di sospensione o di revoca della commessa a quello di mancato ritiro della merce, rischio di escussione arbitraria delle garanzie, rischio di variazione dei costi di produzione, rischio monetario e di cambio, finanziario e di tasso, rischi di credito. Secondo le PMI italiane coinvolte da Amcham gli ostacoli sono innanzitutto di natura esterna e sono la difficoltà a trovare finanziamenti, lo scarso supporto delle istituzioni e l’avere una dimensione aziendale troppo ridotta per competere sui mercati internazionali.

Cosa può fare dunque una PMI per intraprendere in modo strutturato una strategia di internalizzazione? Sicuramente impostare un piano di medio/lungo termine, studiare in modo approfondito i mercati e i paesi in cui vuole operare, dotarsi di una struttura di management adeguata, cercare supporto finanziario nelle banche e aiuti sulla tassazione e fiscalità da parte delle istituzioni.

Il paper unisce tre ulteriori raccomandazioni. La prima è la creazione di un Temporary Risk Manager: una figura che, similmente al Temporary Export Manager, possa essere assunta dalle PMI usufruendo di incentivi fiscali con la finalità di valutare i sistemi gestione del rischio dell’azienda e di realizzare un sistema all’avanguardia. Secondariamente, l’Amcham consiglia che la presenza e la qualità di un Sistema di Controllo Rischi diventi elemento di valutazione dei piani aziendali di internazionalizzazione nei progetti in cui sono coinvolte le istituzioni finanziarie e quelle pubbliche. Uno strumento di questo tipo, che indichi la resilienza ai rischi dell’azienda, aiuterebbe a migliorare anche la qualità del credito, sia in termini di garanzia che in termini di costo/opportunità. In terzo luogo, il sistema associativo imprenditoriale italiano dovrebbe elaborare un piano nazionale di educazione e formazione sui temi del Risk Management, evidenziando le opportunità in termini di organizzazione, competitività e sostenibilità derivanti dall’adozione di corrette pratiche di gestione dei rischi. Anche da questo dipenderà la competitività del sistema italiano.

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