Serve più attenzione al rischio di danno ambientale

La sostenibilità è il trend che influenzerà le strategie delle imprese di tutti i settori per i prossimi anni, un tema vasto che include tutti gli impatti dell’attività imprenditoriale sulla società, sull’ambiente, sui propri lavoratori, oltre che diventare un indice della sua credibilità finanziaria.

Affrontarla in tutti i suoi aspetti particolari non è una sfida semplice e implica tanto la capacità di una visione organica dell’attività aziendale quanto l’esigenza di approfondire nel dettaglio la molteplicità di rischi connessi.

Uno degli aspetti di primaria rilevanza è il tema del rischio ambientale, che nella legislazione italiana ha come primo riferimento il Testo Unico Ambientale (d.lgs. n. 152/2006) – che costituisce l’insieme delle norme in materia di tutela dell’ambiente e gestione dei rifiuti – oltre alla copiosa normativa europea via via creata. Uno degli effetti dell’attività normativa vuole essere quello di educare e far crescere la cultura sul tema a cui fa riferimento, finalità raggiungibile con tempi più lunghi rispetto all’entrata in vigore della legge. Prima che i valori proposti siano socialmente condivisi e diventino buone prassi acquisite, l’adesione alla norma rischia di essere prevalentemente formale, mettendo al centro l’esigenza di essere compliant prima di quella di affrontare il rischio. Dal 2006 la sensibilità della società verso i temi ambientali è aumentata e con essa l’attenzione delle imprese, spesso però più inclini a usare gli aspetti green innanzitutto in chiave di immagine e – in caso di danno – di gestione dell’impatto reputazionale. Permane ancora in molte realtà imprenditoriali una scarsa conoscenza delle implicazioni e dei costi legati al rischio ambientale, con uno scarso interesse verso il contributo che può essere offerto dal settore assicurativo.

È un tema che conosce bene Aldo Bertelle – un’esperienza professionale con incarichi manageriali presso varie compagnie assicurative oltre ad attività quali l’auditor di Sistemi di Gestione Ambientale-SGA (ISO 14001 o EMAS) prima di fondare Environmental Risk Shield Solution (ERiSS) Italia -, ideatore di ciò che oggi è divenuto RemBook, strumento di supporto decisionale per il quale l’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali e RemTech Expo hanno siglato un protocollo d’intesa, presentato nei giorni scorsi presso il Ministero della Transizione Ecologica, per la sua realizzazione a partire dal 2021.

Quali sono le linee guida della politica ambientale in Italia?

A livello di linee programmatiche definite dal Ministero dell’Ambiente (ora della Transizione Ecologica), l’Italia si colloca in accordo con la sensibilità che si è sviluppata a livello globale in risposta alle molte questioni legate alla tutela dell’ambiente e al cambiamento climatico. Le sei sfide identificate dal Ministero riguardano la lotta ai cambiamenti climatici, anche attraverso una riduzione dei fattori inquinanti, la salvaguardia della natura e dell’acqua, il blocco del consumo di suolo e la prevenzione del rischio idrogeologico, la prevenzione e il contrasto dei danni ambientali, la transizione verso l’economia circolare e rifiuti zero e la riduzione delle infrazioni inflitte al nostro Paese dall’Unione Europea.

Qual è oggi il peso del rischio di danno ambientale?

Le imprese hanno un ruolo fondamentale nella riduzione dell’inquinamento e le politiche legate ai fattori Esg includono anche questo aspetto. La sensibilità delle aziende nel tempo è certamente aumentata e molte operano adottando misure di controllo e di mitigazione dei rischi. Ancora troppo spesso però si trascura il fatto che a seguito di un incendio o anche di un’alluvione è sempre necessario un intervento di bonifica per rimuovere i residui della combustione o i fanghi contaminati trascinati dalla piena. Resta quindi aperto il tema delle coperture assicurative. Fa riflettere infatti il divario numerico esistente fra le aziende in possesso di una polizza incendio e quelle che hanno in corso una polizza inquinamento: queste ultime sono nell’ordine delle migliaia, le prime sono di due, se non tre ordini di grandezza superiori. Questo dato è un indicatore di quali siano ancora i margini di sviluppo della polizza a copertura del “rischio da inquinamento”.

Come è costituita l’offerta assicurativa sul rischio ambientale?

L’offerta di soluzioni assicurative a valore ambientale copre molte esigenze, dai rischi catastrofali e ambientali fino alle polizze che mirano a favorire la mobilità sostenibile o tutelano la produzione di energie rinnovabili. Sul totale dei prodotti assicurativi a valore ambientale, il peso del “rischio da inquinamento”, come prima descritto, è stimato a circa lo 0,5%. Si può dire che in genere l’offerta assicurativa è più indirizzata a prodotti a valore di sostenibilità sociale e meno verso la protezione dall’inquinamento.

Quale può essere il ruolo delle compagnie assicurative nella gestione di questo rischio?

L’assicuratore ha l’opportunità di proporsi come problem solver prima ancora che garante della tutela del patrimonio. Di norma le aziende con possiedono la competenza della gestione dell’inaspettato. Comprendere nell’offerta dei propri servizi anche quello di supporto alla gestione della crisi significa per l’assicuratore dare naturale completamento alla sua funzione. Il cammino intrapreso in questa direzione è ancora lungo ma l’obiettivo è altrettanto importante: attribuire al “valore” e non più al “prezzo” il ruolo di protagonista nelle trattative per l’acquisto di un vero e proprio servizio di gestione del rischio.

Le potenzialità in proposito sono notevoli, e riguardano la possibilità di condividere gli strumenti di valutazione del rischio che già esistono, perseguendo ad esempio l’integrazione dello strumento assicurativo nello schema di un SGA.

Come si colloca il protocollo d’intesa RemBook in questo contesto?

Non è casuale che l’idea che ha portato alla nascita di RemBook provenga proprio dal settore assicurativo. Già nel 2003 quando fu pubblicata la prima edizione in formato cartaceo (“Prontuario delle Bonifiche”) l’obiettivo era quello di fornire uno strumento che permettesse di orientarsi nella scelta del “miglior operatore possibile” da incaricare per l’intervento di bonifica. La banca dati costituitasi negli anni raccoglie le indicazioni fornite dagli operatori annualmente attraverso un questionario di approfondimento, per un totale di 50 parametri ciascuno, utili non solo alla profilazione delle rispettive competenze ma anche, attraverso le aggregazioni dei dati, all’analisi di caratteristiche e trend del settore delle bonifiche. Si stima che nel 2020 in Italia il comparto bonifiche di siti contaminati abbia fatturato circa 2 miliardi di euro, con 18mila interventi di bonifica di cui il 20% di pronto intervento ambientale. L’importanza dello strumento, per l’intera collettività e quindi anche per le istituzioni, è rappresentata dalla possibilità di effettuare e pianificare scelte consapevoli perché basate su un consistente numero di dati caratteristici in tema di recupero dei suoli.

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