Le aziende alle prese con l’‘Everything bubble’ delle materie prime

L’ultima edizione del Supply Chain Resilience Report realizzato dal Business Continuity Institute ha registrato nel 2021 il più alto numero di interruzioni nelle catene di fornitura da quando viene effettuata l’indagine. La pandemia, se da un lato è gran parte responsabile di questo andamento, dall’altro ha portato le aziende a investire e impegnarsi come non mai per avere una piena visibilità dei rischi e degli eventi dannosi, sia potenziali sia effettivamente accaduti. Poter contare su una gestione efficace dei rischi e su una panoramica chiara del contesto è quanto mai importante ora che le aziende devono affrontare una situazione critica del mercato delle materie prime, che sta sperimentando una bolla. ANRA ne ha parlato con Marco Terzago, Consigliere dell’Associazione e Head of Group Risk Control di SKF, azienda globale del settore automotive produttrice di cuscinetti volventi, tenute, meccatronica.

“Un recente studio di McKinsey ha rilevato che un’azienda soffre in media ogni 3,7 anni di un vuoto di forniture che provoca la chiusura della produzione per circa un mese” spiega Terzago. “Nel frattempo, i vantaggi economici nel rifornirsi in paesi lontani in cui il costo del lavoro è minore, come ad esempio la Cina, stanno diminuendo, e la maggior parte delle imprese (i due terzi circa) sostiene di non essere in grado di controllare i subfornitori allocati in paesi lontani” aggiunge Terzago.

La pandemia ha mostrato l’importanza di analizzare con attenzione tutta la supply chain, arrivando anche ai rischi dei fornitori di secondo e terzo livello. Di conseguenza, l’attenzione delle aziende si sta spostando dal paradigma della convenienza a quello della robustezza e resilienza della catena di fornitura. “E’ il principio dell’antifragilità, l’attitudine di alcuni sistemi di modificarsi e migliorare a fronte di sollecitazioni, fattori di stress, volatilità, disordine, enunciato da Taleb nel 2012” spiega Terzago.

“Questo approccio è particolarmente importante per le aziende italiane alle prese con la Everything bubble delle materie prime, dal momento che il nostro paese importa la maggior parte dei materiali” aggiunge Terzago. Per fare alcuni esempi, nell’ultimo anno la domanda dello stagno è aumentata del 133%, quella del rame del 115% e quella del litio del 130%.

Ma come si è arrivati a un tale rincaro dei prezzi? Secondo Terzago, è una sommatoria di fattori di origine diversa. “Fattori reali innanzitutto: nei primi mesi della pandemia i prezzi delle materie prime a livello mondiale sono crollati, e la Cina ne ha approfittato per incrementare le proprie scorte. Parallelamente il resto del mondo si è fermato, interrompendo di fatto ogni acquisto in tal senso. La Cina, essendo poi uscita circa 4 mesi prima dall’emergenza pandemica, ha potuto sfruttare a pieno il vantaggio competitivo derivante da una ripartenza anticipata, mentre gli altri paesi alla ripresa – tra l’altro avvenuta più o meno in contemporanea per tutti – si sono trovati i magazzini vuoti. Ciò ha portato a un boom dei prezzi delle materie prime” spiega Terzago.

Ci sono poi dei fattori di origine finanziaria. Le materie prime sono diventate un investimento interessante: “Prezzate in USD, il loro acquisto diventa conveniente se fatto con una valuta forte (ad esempio l’euro). Nel contesto attuale, caratterizzato da rendimenti negativi dei titoli di Stato, molti investitori hanno iniziato a considerare conveniente l’investimento in materie prime o in loro derivati” specifica Terzago.

In ultimo ci sono dei fattori di origine logistica, derivanti dalla nuova regolamentazione dell’IMO (International Maritime Organisation) in vigore dal 1° gennaio 2020, che prevede che tutte le navi debbano abbassare la quota di zolfo nell’olio combustibile dal 3,5% allo 0,5%. “Questo cambiamento ha comportato la «rottamazione» di parte delle navi e il «revamping» di altre (soprattutto portacontainer e portarinfuse che trasportano merci dalle Americhe, Africa, Asia e Australia). Questo costo si è scaricato sui prezzi dei noli, tanto che nell’ultimo anno si è registrato un aumento del prezzo dei trasporti cargo del 605%” spiega Terzago.

Quando finirà questa bolla? Molti analisti ritengono che potrebbe sgonfiarsi a fine anno, quando i livelli produttivi torneranno alla situazione pre-Covid. Tuttavia, alcune materie prime fondamentali per la transizione green e quella digitale, in particolare litio e cobalto, continueranno a vedere aumentare i prezzi. Come se ne esce dunque? Secondo Terzago, le aziende dovranno muoversi su tre fronti: “Servirà ribilanciare gli inventari e le scorte per essere pronti ad affrontare altri eventuali accadimenti traumatici. Il paradigma della convenienza non sarà del tutto abbandonato ma dovrà essere integrato con la necessità di gestire più fornitori per lo stesso componente. Secondariamente, le aziende dovranno gestire in modo efficace i rischi legati alla riduzione di disponibilità di mano d’opera. E, in terzo luogo, dovranno valutare l’accorciamento delle catene di fornitura strategiche, per metterle in sicurezza e poter intervenire più velocemente in caso di shock” conclude Terzago.

Back to top button