Per crescere l’agricoltura deve gestire i suoi rischi

Il settore agroalimentare italiano è uno dei più apprezzati al mondo per la qualità dei propri prodotti, tanto da essere uno dei pilastri del Made in Italy insieme alla moda e ai motori. Secondo i dati dell’Istat, nel 2020 è stato raggiunto il record di valore delle esportazioni agroalimentari italiane, calcolate in 46,1 miliardi di euro, di cui 39,1 miliardi di prodotti alimentari, bevande e tabacco (+1,9% sul 2019) e 6,9 miliardi di euro di prodotti dell’agricoltura, della silvicoltura e della pesca (+0,7%).

Nel complesso, il settore pesa per oltre il 10% delle esportazioni italiane complessive, che hanno totalizzato nel 2020 433,5 miliardi di euro: l’export agroalimentare è stato uno dei pochi settori in crescita nella complessiva difficoltà dei mercati colpiti dalla pandemia (-9,7% la flessione dell’export totale).

Come materie prime o lavorati, i prodotti dell’agricoltura italiana sono spinti all’estero anche dalla ristorazione, che rappresenta la seconda cucina più diffusa a livello globale, dopo quella cinese, con una quota di mercato del 13%.

Le prospettive sono di ulteriore crescita, spinte da un lato dalla qualità e dalla sicurezza riconosciuta ai prodotti italiani, e dall’altro dall’allargamento dei consumi in alcuni ambiti: a titolo di esempio, si prevede che il mercato globale del vino, di cui l’Italia è tra i maggiori protagonisti, supererà i 423 miliardi di euro entro la fine del 2023.

Ma l’andamento della produzione agricola è tra i meno prevedibili in termini di quantità e di qualità, essendo soggetto per definizione ai capricci della natura.

Il gelo, la grandine, le piogge eccessive, così come i periodi di siccità, rappresentano seri rischi per la produzione agricola e il mercato agroalimentare, a cui si aggiungono le possibili invasioni di insetti, le malattie di piante e animali, gli incendi determinati dalla secchezza eccessiva.

È evidente che un contesto di cambiamenti climatici disegna uno scenario ad elevato rischio per gli operatori agricoli e per il commercio e la produzione legata al settore.

Le imprese agricole hanno imparato a fare fronte ai rischi con iniziative di vario genere orientate alla prevenzione, che vanno dai metodi per difendere le piantagioni dalle gelate o dalla grandine all’utilizzo di prodotti chimici o di tecniche naturali per prevenire le malattie di piante e animali.

Rimane il tema del trasferimento del rischio.

In Italia esiste un sistema di aiuti pubblici – basato su finanziamenti statali e dell’Unione Europea – che supportano il ricorso a polizze assicurative agevolate (collettive o individuali), a Fondi Mutualistici e anche a tipologie innovative di copertura come le polizze ricavo e le polizze index based.

L’offerta di polizze assicurative contro i danni alle produzioni agricole causati da eventi atmosferici è riferita sia alle avversità “di frequenza” – grandine, eccesso di pioggia o di neve, vento forte – sia agli eventi naturali catastrofali quali il gelo, la siccità o le alluvioni.

Pur essendo in costante crescita, una delle caratteristiche da correggere del mercato assicurativo italiano è la concentrazione territoriale.

Secondo il “Rapporto sulla Gestione del Rischio in Agricoltura 2021”, realizzato da Ismea in collaborazione con il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, sono le regioni del nord Italia a coprire di gran lunga il mercato assicurativo: Veneto, Emilia-Romagna e Lombardia concentrano il 79,5% del totale nazionale delle polizze sulle colture vegetali. Nel 2020 però il mercato nelle regioni settentrionali ha segnato una leggera flessione, mentre si assiste a una progressiva crescita delle regioni del Sud e delle Isole, che da una quota di mercato del 10,6% nel 2019 hanno superato l’11,2% nel 2020; resta invece invariata la quota del Centro Italia (9,3%).

La campagna assicurativa 2020 ha indicato una tenuta del mercato delle polizze agricole agevolate, con valori per oltre 6,1 miliardi di euro nel solo comparto delle coltivazioni vegetali, rappresentativo del 72% del totale. Secondo Ismea, sommando anche le polizze zootecniche e quelle contro i danni alle strutture aziendali, il totale supera gli 8,5 miliardi di euro (+0,4% sul 2019). L’evoluzione dei costi assicurativi nel 2020 ha confermato la tendenza all’aumento degli ultimi anni: i premi per le colture vegetali hanno raggiunto il più alto livello di sempre (557,8 milioni di euro), con un balzo dell’11% rispetto al 2019.

Il prodotto più assicurato sono le uve da vino, con 1,97 miliardi di euro, in crescita dello 0,5% sul 2019. Numeri significativi si registrano anche per le mele (672 milioni di euro) e il riso (430 milioni), seguiti dal mais da granella e dai pomodori da industria.

In questo contesto, sta crescendo l’attenzione verso le polizze parametriche, che permettono al produttore agricolo una maggiore certezza rispetto alle effettive coperture. Le polizze parametriche, inoltre, si prestano a essere utilizzate in un contesto di cambiamenti climatici, che sta alterando negli ultimi anni gli schemi determinati dalle serie storiche. Inoltre, le polizze parametriche nel comparto agricolo consentono agli operatori di tutelarsi sia dagli eventi atmosferici avversi sia dall’andamento sfavorevole delle rese determinato da diversi fattori. Una formula che può aumentare le difese delle imprese agricole e garantire una sicurezza utile a sostenere la crescita complessiva del mercato agroalimentare.

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